Trailer Fight

Trailer Fight #7: L’ombelico del mondo

Solipsismo. Oggi si parla di questo. Qui adesso scrivo due o tre righe di circostanza per distrarvi mentre controllo sul vocabolario che cazzo vuol dire. Fatto. Dunque solipsismo si diceva. Parola di gran moda negli ultimi tempi. Cioè non la parola in sè, ma il suo significato (altra frase di circostanza perchè la definizione sul vocabolario stava alla fine della pagina e ho dovuto voltarla). Individualismo, egoismo e mettere il proprio benessere davanti a qualsiasi altra cosa nel mondo, infatti, sono più o meno il credo di quasi tutti nella società occidentale odierna. Che beninteso non è necessariamente un male, come non lo è qualsiasi altra visione della vita, purchè questa non sia portata all’estremo e non diventi una malattia dell’io. Perchè poi alla fine mettere il proprio benessere davanti a tutti ci fa, guarda un po’, stare male. Aha! Fregati.

Comunque non è una paternale che vi voglio proporre oggi, bensì il ritorno della Trailer Fight, giunta al suo settimo round. Diamo quindi un’occhiata a cosa ci riserba il futuro prossimo venturo nel campo dei film solipsistici.

Ostacoli:

  • Trailer
  • Film incentrati su un protagonista assoluto
  • Film che riflettono sulla vita e la vita sociale degli individui

E se solipsisti devono essere, che solipsisti siano (mi piace questa parola. Solipsisti.  Solipsisti, solipsisti, solipsisti. Sembra uno scioglilingua). All’angolo rosso del nostro ring abbiamo un regista che dell’individualità e del protagonismo assoluto ha fatto un vero e proprio credo, dato che tutti i suoi film più che storie sono veri e propri ritratti parzialmente in movimento. Sto parlando di Reitman jr, che torna sul grande schermo dirigendo George Clooney in Up in the air. Nell’angolo blu lo sfidante One good man, di Christian Vuissa. Preparate i popcorn.

Up in the air

One good man

Up in the air è dunque il nuovo lungometraggio del figlio del papà dei Ghostbusters (detto così sembra che il buon Jason sia un collega di Peter Venkman). Dopo i ritratti del lobbysta del tabacco in Thank you for smoking e della ragazzina che risponde al nome di Juno, Reitman jr decide di spostare ancora più in alto l’asticella dei temi dei suoi film. Se in Thank you for smoking l’obiettivo era quello di veicolare il messaggio di usare quella matassa grigia che ci hanno messo in mezzo alle orecchie e di continuare a fare le nostre scelte in base alla nostra coscienza purchè non si danneggino gli altri (solipsismo, appunto), in Juno il buon Jason allargava il discorso all’altro, all’altro più debole: il bambino. Con tutte le aggravanti del caso, dovute ai nostri bisogni (crescere, maturare, divertirsi: siamo tutti adolescenti come Juno) in rapporto a quelle degli altri. In Up in the air il circolo sembra allargarsi ancora all’intera società. Il discorso messo in bocca a Clooney della valigia in cui mettere i pezzi della nostra vita, in rapporto alla leggerezza di chi viaggia col solo bagaglio a mano e su nel cielo sembra convincente e più maturo, quasi in antitetica negazione della simpatia bonaria del fumante e fumoso Aaron Eckhart. La chiusura pessimistica (We are not swarms. We’re sharks) sembra ben promettere nel campo della lucidità e dell’onestà verso lo spettatore. Con cui la conciliazione sarà di sicuro cercata (Reitman non è in grado di negarla, infatti si intuisce la componente ironica dell’opera), ma forse in maniera meno ruffiana di Thank you for smoking.

Di contro One good man sembra far respirare al suo spettatore un’aria ben più spensierata. Abbiamo di fronte un uomo che a un certo punto della vita, improvvisamente, comincia ad avere tutto. Tutto gira, tutto si mette in moto nel verso giusto in una spirale quasi incontrollabile. Il lavoro, i figli, la vita sentimentale. Anche i toni del trailer cercano di catturare con musiche e battute (non esilaranti, ma capaci di un bonario sorriso) suggeriscono l’aria della commedia non spensierata, ma meditata e meditante. Non lasciatevi ingannare. C’è qualcosa che si nasconde in questi anfratti. Generalmente trailer del genere tendono a ribaltare, a far cogliere lo spettatore con le braghe calate. Come, se mi è permesso il paragone, in Evangelion si sprecano molte scene comiche e ironiche per far affezionare lo spettatore ai personaggi, farlo  coinvolgere a fondo nelle loro vicende emotive per poi sfruttare questa empatia per colpirlo basso dove fa più male. One good man, secondo la mia opinione, vuole farlo. Io me ne sto con la guardia alzata, sicuro che il colpo arriverà e farà malissimo, ma conscio che se l’avversario deciderà alla fine di risparmiarmi ne sarò tragicamente e irrimediabilmente deluso.

Per le ragioni sopra espresse e per la conoscenza che ho del cinema di Reitman (l’imperatore del “carino”) non posso che propendere per Up in the air, vista la mia ignoranza anche di cosa aspettarmi nel film di Vuissa.

Saluti,

Michele

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4 Responses to “Trailer Fight #7: L’ombelico del mondo”

  1. On 26/09/2009 at 11:32 Maghetta responded with... #

    Dail trailer, il nuovo film di Raitman Jr appare così pulito e composto..
    Le immagini scorrono senza fare troppo rumore, le cose accadono senza troppo fracasso. Come gli/le hostess in volo che ti sorridono anche mentre l’aereo sta precipitando O_O
    Il trailer a primo impatto mi sembrava lo spot di una compagnia aerea,
    però mi attira proprio per questa “leggerezza”.
    Spero che esca anche in Italia.. :P e che non sacrifichino l’ennesimo film come spesso fanno.

    In One good man vedo quasi qualcosa di “drammatico” (bastaaa è la seconda volta che uso questa parola stamattina :O ).
    Con titubanza lo guarderei .. mmh.

  2. On 26/09/2009 at 11:34 Maghetta responded with... #

    oh mio dio ho usato la parola “impatto” pr un film con protagonista un hostess Asd.. incoraggiante xD

  3. On 26/09/2009 at 14:37 Damiano responded with... #

    guarda che quello che vuoi dire te si dice “stipsi” non “solipsisti”

  4. On 27/09/2009 at 11:49 Maghetta responded with... #

    Quella che dici tu è la “coliciste”, Dottor Damiani

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