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2Days

Oggi Five Obstructions vi offre un altro tuffo nel mondo del corto underground italiano. Questa volta ho scelto un corto intitolato 2Days, ad opera di Sabrina Ragaglini. Vediamolo assieme.

Il corto si anima in una serie di progressive dicotomie, un vero e proprio frattale di scelte binarie. Lo sdoppiamento della vita di una persona disabile (prima e dopo l’incidente) si riflette nello sdoppiamento delle immagini del corto: da una parte le concrete e reali difficoltà rappresentate da un taglio visivo della macchina da presa posta sulla carrozzina, dall’altra una serie di immagini astratte che con una simbologia tutta particolare cercano di rappresentare la parte più eterea dei dolori e delle angosce provocate da una situazione di così difficile sopportazione.

Per quanto riguarda la parte concreta mi pare più che lampante la prima cosa che si nota: un estremo utilizzo del bianco e nero low-fi, sporco ed espressionista. Un uso che mi ha portato subito alla mente il Tetsuo di Tsukamoto, con il quale convide anche la visione della carrozzina come innesto metallico all’interno della persona. Se in Tetsuo questo era un potenziamento malato, qui è invece una protesi necessaria atta al superamento della condizione deficitante, che tuttavia si porta con sè degli strascichi negativi (la non libertà di movimento nella società).

Se questo è un ottimo punto a favore, devo dire che la restante parte “concreta” non mi ha convinto allo stesso modo. Quando l’occhio si sposta dalle ruote metalliche alla barriera perde forza. Le inquadrature al ciglio del marciapiede ad esempio mi paiono non riuscire ad esprimere la stessa violenta forza espressionistica del resto del corto. Per usare parole semplici mi sembra che la soluzione trovata alla rappresentazione esplicita delle barriere sia banale, o per essere più precisi meno meditata delle altre.

Passando a considerare anche l’altra parte astratta del corto, e quindi l’opera nella sua interezza, si può notare un intelligente e sapiente uso sia del montaggio che del comparto sonoro. Tutto il corto ha una struttura a spirale che progressivamente monta sempre di più sulla scala dell’ansia e della tensione. Questo è un altro sapiente parallelismo del mutare che avviene all’interno dell’animo umano quando si comincia a realizzare la difficoltà di una situazione completamente nuova. Una volta paralizzato nei primi tempi un individuo sa in che situazione si trova, ma non riesce davvero a comprendere che cosa comporti davvero. E’ lo scorrere dei mesi e degli anni che fa venire alla luce tutte queste difficoltà, e ad ogni nuova sfida l’angoscia sale sempre di più. And now? chiede il corto, …and…now?

Arrivo quindi all’ultimo punto che mi preme sottolineare, ovvero l’uso del voice over. Questo è indubbiamente uno strumento ben utilizzato al fine di sottolineare ulteriormente quanto detto prima, ovvero la creazione della situazione angosciante. Ma è anche e soprattutto lo strumento principale con cui alla fine questo monte di tensione viene finalmente sgonfiato e portato alla sua dimensione normale. Perchè si trasforma in veicolo di una morale affatto banale, ovvero quella che esula dai buonismi che trattano l’handicap come una vera minorazione dell’uomo ed eleva il disabile alla ricerca di una forza interiore (I can try, I must try).

4 / 5

Saluti,

Michele

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