Film

Katyn

Saluti a tutti. Per il primo post serio dopovacanziero vi riporto qui una recensione che doveva essere la prima ad apparire su Giornalettismo, ma poi per una questione o per l’altra è finita per essere solo una “prova” e non è mai stata pubblicata. Forte della mia anima ecologista dico che il futuro è nel riciclaggio perciò… buona lettura.

Questo film polacco del 2007, distribuito solo questa primavera in Italia, narra di un non troppo noto massacro perpetrato dall’esercito sovietico durante la seconda guerra mondiale nel Marzo del 1940. Nell’omonima foresta infatti vennero condotti quasi 22 mila uomini, tra ufficiali dell’esercito e civili polacchi, per essere giustiziati. Il film segue tutto ciò che gravitava attorno alle vite e alle famiglie di alcune di queste vittime dall’invasione russa della Polonia nel ’39 fino alla liberazione russa della Polonia nel ’45 (time paradox! :o ).

Katyn è l’ennesimo film che cerca di raccontare un angolo di quello sterminato campo storico che è il periodo nazista. Ennesimo non solo per la vastissima filmografia dedicata alla seconda guerra mondiale che dura da sessant’anni e più, ma soprattutto perché cade vicino a moltissime e variegate opere ad essa dedicata uscite di recente e di prossima uscita. Si può affermare senza ombra di dubbio che questo oscuro periodo sia diventato la culla dell’epica moderna, così pieno di eventi sproporzionati nelle loro cardinalità ed efferatezze, di maschere ben definite e di cruciali toni di grigio. Un periodo che può essere letto superficialmente e senza grossi spunti (Miracolo a S. Anna) o in una vena ancor più epica e caricaturale (il prossimo Inglourious Basterds).

L’anziano Andrzej Wajda ha trattato questo periodo già più e più volte, ma non ha ancora rinunciato a far sentire la propria voce e la propria qualità registica in questi tempi moderni. Ne è uscito questo Katyn, film molto complesso, in cui la sua enorme esperienza si fa sentire in tutta la sua pesantezza. La prima cosa che salta all’occhio è infatti la complessità della sua struttura narrativa, un turbinio di sottotrame che priva il lungometraggio di un protagonista preciso che possa rubare la scena alla storia stessa. Ed è complesso questo Katyn: complesso da seguire, complesso da giudicare, complesso da apprezzare.

Complesso da giudicare in quanto non lascia molti evidenti appigli stilistici allo spettatore. Ci si trova davanti a un film molto classico, a tratti perfino troppo. Sembra mancare quella visione artistica espressionistica senza la quale è impossibile farsi notare nel mondo cinematografico di questa fine di decennio. Non c’è una particolare cura fotografica, un taglio delle inquadrature, dei dialoghi, delle musiche. Il film insomma rischia di scivolare addosso allo spettatore e di non riuscire ad interessarlo. Sono pronto a scommettere che la maggior parte degli spettatori durante la visione si troverà a lamentarsi su quanto “troppo polacco” sia questo Katyn.

E dire che Wajda non è mai stato un regista privo di talento e di qualità tali da rimanere nascoste, sommerse dal mestiere che pure sa mettere in campo. Eppure questa sua grandezza nel passato, che gli ha garantito un posto di assoluto onore nella filmografia della Polonia, non sembra essere giunta intatta nel 2009. Qualcosa, troppo, sembra mancare. Non sembra affatto di stare di fronte a un’opera della stessa persona in grado di dipingere con tale maestria la discesa all’inferno dei soldati polacchi nell’affascinante I dannati di Varsavia. Non gli riesce insomma il riscoprirsi che è ha messo furbescamente in campo Costa-Gavras, un altro maestro del passato-presente, con il geniale Il cacciatore di teste.

Non è affatto da buttare però questo Katyn. Tuttaltro. La qualità di Wajda balena a tratti nel film. Se è ostico da mandare giù l’incipit carogna che stona veramente troppo sul tragico, si può apprezzare come il regista polacco abbia saputo sapientemente tinteggiare i toni di grigio su quasi tutti i personaggi e le situazioni. Oltre a regalare quella che reputo un’ottima citazione da segnarsi nel proprio memorabilia. “Io sono diverso da loro, non la penso come loro” “Se agisci come loro allora che differenza fa non pensarla come loro?”. Un ottimo esercizio mentale per chi ancora crede di potersi lavare la coscienza di tutto ciò che accade attorno a sé senza sentirsi responsabile del suo non agire per impedirlo.

Alla fine ciò che rimane nel lungo silenzio nero che separa l’ultima immagine dall’inizio dei titoli di coda non è affatto il troppo facile e superficiale incipit dei polacchi tra i due fuochi. Incipit che può impressionare solo i pochi intellettuali radical chic che ancora hanno bisogno di farsi dire quanto sbagliato sia cercare uno schieramento e una giustificazione a ciò che la Storia ha da subito decretato come ingiustificabile (comunismo o nazismo che sia). Ma è la bravura di Wajda nel rimanere asciutto. Asciutto di fronte al parallelismo russo-tedesco della Polonia spaccata in due (niente cattivi da operetta in nessuna delle due parti, osceno doppiaggio italiano da Sturmstruppen a parte). Asciutto nella sua inevitabile scena madre che ha il pregio di non scadere in eroismi della sorta di chi vede nella morte un (falsissimo) sacrificio da eroe dignitoso (Quattrocchi?), o in un voyerismo splatter, ma nel mostrare la morte in guerra per quello che è: un’asettica, sporca e non dignitosa catena di montaggio.

3 / 5

Saluti,

Michele

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3 Responses to “Katyn”

  1. On 05/09/2009 at 10:57 Maghetta responded with... #

    Bentornato Five Obstructions!!!
    *cheers*
    perepepeee perepeee
    ‘sta casa aspettava teee! :D

    quale recensione migliore per un ritorno al serio lavoro di FiveObstructioner? :P

    • On 04/09/2014 at 19:41 Miakoop responded with... #

      This is a very significant gsurete by Putin. It is important that modern Russia distance itself from the many horrific acts of the Soviet regime, especially those under Stalin (who wasn’t even Russian).

  2. On 06/09/2009 at 01:51 Damiano responded with... #

    lo sapevo che prima o poi il polpettono polacco lo tiravi fuori

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