Trailer Fight

Trailer Fight #11: The Real Rocknrolla

Prendo in prestito il titolo del (probabilmente) fittizio sequel del penultimo film di Guy Ritchie per questa nuova trailer fight fiammante e trasgressiva. Oggi parliamo di tre cose, che vanno solitamente di pari passo: gioventù, ribellione e rock. Sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo a sentire queste parole. Il cinema, fortunatamente, sa farlo molto meglio dell’umanità. Gli ostacoli di questa trailer fight sono dunque:

  • Trailer
  • Storie di ribellione
  • Storie con protagonisti giovani
  • Storie in cui il rock ha un ruolo importante

Quali film prossimi venturi soddisfano queste quattro regole? Probabilmente molti, ma ho deciso di sceglierne in particolare due che pur avendo così tanti punti in comune riescono ad essere dei prodotti diversissimi. Il primo è un film iraniano, dalla produzione sofferta tanto quanto le vicissitudini dei suoi protagonisti: No One Knows About the Persian Cats. Il secondo è un classico teen rock movie statunitense, con protagoniste le due ragazzine emergenti come belline e perfettine: Dakota Fanning e Kirsten Stewart si dividono la leadership di The Runaways.

No One Knows About the Persian Cats

The Runaways

L’iraniano No One Knows About the Persian Cats è una storia che pare avere ben poco di originale. Questa è una considerazione triste non tanto per il mondo del cinema quanto per quello reale: le storie di regimi oppressivi sono ormai talmente scontate da essere stereotipo dell’umanità. Vedendo il trailer la mente corre senza troppe difficoltà a un altro affresco ben realizzato del regime iraniano, quel Persepolis attraverso cui Marjane Satrapi aveva tanto, forse troppo, da dire. La storia che traspare da questo film pare essere dipinta con molta più efficacia. E’ una storia con cui finalmente si riesce a dire qualcosa di sensato e attinente alla parola “indie” (e questo, credetemi, è tutt’altro che scontato): indipendenza da un regime, che sia politico o culturale. La bella scena che si annuncia, del concerto sotterraneo schermati da un protettivo pavimento, dà un ulteriore motivazione semantica all’altra parola, l’underground, che rende il rock così affascinante. Indipendenza, ribellione, pericolo, segreto: questo film sembra avere tutto per essere un dipinto del vero rock’n'roll che fa infiammare e appassionare la gente. L’unico rischio è che la scuola iraniana lo influenzi troppo, perchè uno stile di ripresa alla Samira Makhmalbaf o alla Jafar Panahi (che comunque non sembra avere) non gioverebbe molto a questo genere di film, che nasce come una freccia rivolta all’Occidente per colpire il se stesso Orientale.

The Runaways ha apparentemente tutto quello che il nostro immaginario collettivo di rock contiene. Hot chick, ribellione giovanile, party esagerati, orde di fan urlanti. Tuttavia si vede che c’è qualcosa che non va. E’ un rock della decadenza finale, che si nutre solo di un autarchico se stesso, perdendo tutte le cariche di liberazione che vorrebbe avere. Dakota Fanning che si pittura la faccia in apertura è uno sciocco clichè, e il trailer prosegue nel mostrarci una storia senza alcuna capacità eversiva. Il target del film è chiaro: guardare le cosce di due giovanissime bonazze emergenti e rimanere intrappolati nel sogno di essere una rock star. Nel desiderare e sognare di essere al loro posto, al centro dell’attenzione. Mi gioco senza alcun problema il futuro ravvedimento dell’una e perdizione dell’altra, come se avessi già visto il film. Decadenza dunque: finto rock, finto spirito ribelle. Vero conformismo e guinzaglio che il Potente, come insegna il pur pieno di difetti School of rock, sa usare in maniera assai subdola.

Anche io sono stupito, ma quest’oggi l’Iran batte gli Stati Uniti.

Saluti,

Michele

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