Ritratti & Interviste

Sul Mare con D’Alatri e Castiglio

Il vostro buon Michele si è ritagliato ieri sera una serata speciale, con cui voglio rompere la solita monotonia degli aggiornamenti di questo blog. Ieri sera, infatti, l’Università di Pisa ha organizzato una proiezione in anteprima di Sul Mare, ultimo interessante film di Alessandro D’Alatri. A corredo dell’anteprima c’è stato, a fine proiezione, anche un incontro con il regista e con il protagonista della pellicola, Dario Castiglio, al quale sono riuscito a fare anche un paio di domande. Ragion per cui questa non vuole essere la solita recensione, ma più un rapporto della serata. Da qui l’inclusione nella categoria del blog Interviste anzichè Film, sebbene io non abbia avuto gli spazi o la possibilità di fare una vera intervista (tantomeno una di quelle particolari che sono solito fare).

Cominciamo subito con l’unica nota stonata della serata: l’introduzione istituzionale dell’ospite. L’anteprima è stata accompagnata dall’intervento ufficiale di un professore, del quale non ricordo il nome e al quale si deve la serata, probabile prestanome di un’azione studentesca. Per sua stessa ammissione si trattava di qualcuno che non ha a che fare tutti i giorni con il cinema (e quindi un punto in più per la confessione), ma francamente mi viene da dire che si sarebbe capita la sua inesperienza anche senza tale mea culpa. Si è intuito che la sua conoscenza non andasse oltre Troisi o Fabio Volo. L’unica nota fondamentale e caratteristica del suo intervento (pre-visione e reiterato post-visione) è stata l’ossessiva e incalzante sottolineatura che “questo è un film italiano, prodotto da italiani, recitato da italiani, girato da italianiad libitum sfumando. Ora: francamente tali esternazioni autarchiche sempre poco mi hanno convinto, con tutto questo nazionalismo alle porte. E’ un segno di chiusura mentale e culturale su due aspetti.

Il primo è meramente di merito. Facendo una metafora motoristica: in quanti si esalterebbero a vedere una monomarca correre solo con piloti italiani solo su piste italiane e solo all’interno di una ristrettissima cerchia? Sarò strano io, ma a me esalta solo vedere se mettono una Ducati (o una Ferrari) sotto il culo del miglior figlio di puttana del mondo per vincere il campionato di tutto il fottuto globo (il tono pulp mi sembra adatto alla situazione). Doversi autoesiliare nella nostra Sant’Elena è un ottimo modo per svilire la caratura tutta internazionale di grandissimi autori quali Sorrentino, Garrone, Crialese, Diritti e chi più ne ha più ne metta.

Il secondo è una considerazione sul mercato, punto toccato più volte anche da D’Alatri nelle sue risposte e su cui non sono riuscito a fare una domanda puntuale. E che sostanzialmente punta il dito non tanto contro gli autori quanto proprio con il sistema Italia, malato da più parti e incapace di attirare lo spettatore. E’ facile fare invettive contro il pubblico del cinema volgare e popolare italiano che riempie le sale. E’ ben più difficile per un produttore investire per la rinascita del cinema di genere italiano, quello sì in grado di dare un sostentamento anche alla parte autoriale. Si ricorda che il tempo dei Fellini e dei Visconti era anche foraggiato dalle grandissime e indimenticabili opere di Mario Bava e Fernando Di Leo. E lo sa uno come Tarantino, a buon intenditor…

Passiamo alla parte vera di intervista, ovvero alle domande che sono riuscito a fare a D’Alatri e a Castiglio e, ovviamente, anche quelle che non sono riuscito a fare.

D’Alatri, domanda fatta: “Sul Mare è un film realizzato in digitale e questo si nota in moltissimi aspetti stilistici della ripresa (in particolare le riprese sottomarine, qualche primissimo piano estremo, le transizioni sui paesaggi accelerati…). Mi pare di riconoscere in queste cifre stilistiche tutte le caratteristiche di un nuovo inizio, più che di un punto di arrivo. C’è nel futuro di D’Alatri ancora digitale, ancora più personale, magari sulla falsariga dei notturni di Michael Mann o delle vere e proprie pazzie tecniche di Sokurov nell’Arca Russa?”.

D’Alatri risponde (non riporto virgolettati perchè non avevo carta e penna, dunque non ho le parole esatte ndMichele): questo è un film fondamentalmente dalle due anime. Da una parte ci sono una molteplicità di supporti diversi ripresa digitale (ben cinque: uno per le riprese sottomarine, uno per i ralenti, per le vedute aeree, di transizione, …), dall’altra la realizzazione prevalentemente in esterni e con una macchina digitale da appena 8000 Euro. E’ il frutto della curiosità venuta da anni di festival di cortometraggi in giro per l’Italia, quando D’Alatri nota con interesse e invidia le opere in digitale dei giovani con pochi mezzi che sognano la ripresa in pellicola. Sì, c’è un futuro a questa pazzia produttiva (comunque a un budget molto più alto di quelli che solitamente si vedono in Italia, un’autoproduzione interamente privata, nel senso di privata del denaro pubblico, da 700mila Euro), che D’Alatri sottolinea con orgoglio essere un vero e proprio “secondo esordio”.

D’Alatri, la domanda che non sono riuscito a fare. “Parlando di come si inserisce nel panorama italiano Sul mare ho notato due influenze in particolare. La prima, in apertura e chiusura, pare molto vicina al bellissimo corto di Mastandrea, Trevirgolaottantasette (link youtube). La seconda, che pervade il film più nei suoi meandri narrativi, è Respiro di Crialese. Queste influenze sono state importanti davvero in fase di ripresa e scrittura? E quali altre fonti italiane e non si possono ritrovare in questa “pellicola”?”.

Castiglio, domanda fatta: “Ho trovato molto straniante, soprattutto all’inizio, il voice over del tuo personaggio, che accompagna con i suoi pensieri tutto il film. Mi è sembrato inusuale e mi ha fatto iniziare la visione con qualche dubbio. Poi, una volta entrato in scena Salvatore, il tuo personaggio, questi dubbi sono stati fugati. Mi è quindi parso che la tua sia una recitazione molto più fisica, forse dovuta al fatto della maggior esperienza teatrale”.

Castiglio risponde: in fase di lettura della sceneggiatura e di creazione del personaggio Castiglio sapeva che sarebbero dovuti arrivare i voice over e che fossero un qualcosa da preparare con attenzione, in quanto esteriorizzazioni di qualcosa che stava interiorizzando, appunto il carattere e la vita del personaggio. L’elemento straniante è comunque voluto perchè il Salvatore sta parlando da un “altrove”, è ormai staccato dal mondo per via di ciò che gli succede all’inizio del film. E’ stato quindi un piacere per Castiglio essere riuscito a comunicare questo distacco, questo straniamento.

Castiglio, la domanda che non sono riuscito a fare. “La tua fisicità sulla scena mi ha comunque colpito molto, mi pare di vederti in maniera naturale davanti a una macchina da presa, cosa che in altri esordienti non è affatto facile immaginarsi. Ho sentito delle vibrazioni simili a quelle che mi dava un Elio Germano sei-otto anni fa (i già citati Trevirgolaottantasette e Respiro, sarà un caso?). Esiste uno come Germano al quale punti, non tanto come stile di recitazione (che spero tu possa forgiare più personale e meno sulle orme di qualcun altro), ma piuttosto come progetti al quale vuole e riesce a partecipare?”.

Questo è quanto. Alla fine sono uscito soddisfatto: da una parte la new wave di D’Alatri mi sembra entusiasmante, dall’altra sono rammaricato di non aver scocciato il buon Castiglio con l’offerta di una birra, e son sicuro che questa era la mia unica opportunità data la carriera che presumo abbia davanti. Non so se questo è solo dovuto al fatto che i punti di inizio mi piacciono intrinsecamente di più degli apici delle parabole: da lì anche se si è in alto si può solo scendere, mentre l’incertezza del futuro, anche il rischio che tutto esploda come una bolla ma la possibilità che non lo faccia, è qualcosa di frizzante e stimolante.

Saluti,

Michele

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