Film

X-Men Origins: Wolverine

Questo “capitolo zero” della saga X-Men parte con l’intenzione di raccontare quello che è successo nell’unvierso dei mutanti prima della creazione della vera e propria squadra capitanata da Xavier. Lo fa però apparentemente distaccandosi dai precedenti tre capitoli, rinunciando alla coralità del fumetto Marvel per concentrarsi su un’unica figura protagonista, quella di Wolverine. Si comincia quindi nel Canada dell’800 per arrivare rapidamente alla primissima squadra di mutanti post-Vietnam da cui Wolverine si distacca per smettere definitivamente di combattere. Ma a quanto pare i vertici più alti della squadra non la pensano come lui…

Cominciamo le considerazioni su questo film dalle due parole che nel paragrafo precedente sembrano cadere a sproposito. “Apparentemente distaccandosi”. Il film infatti pare voler essere nettamente diverso dai precedenti X-Men cercando in Wolverine il suo unico protagonista. In realtà se si analizzano i precedenti film, in particolare il terzo data l’uscita di scena di Singer alla regia, ci si rende conto che Jackman era GIA’ il mattatore indiscusso. Talmente indiscusso da diventare produttore sia del terzo film che di questo “spin-off”.

E qua arriviamo subito al nocciolo del problema: Hugh Jackman. Perchè è fondamentalmente lui il fulcro delle tantissime cose che non vanno in questo film. E’ piuttosto palese quello che succede al divo Hollywoodiano quando diventa produttore di ciò che lui stesso interpreta: tutto deve muoversi in funzione sua e attorno a lui. Regia e sceneggiatura non hanno più alcun potere nell’intrappolare e plasmare l’interpretazione, ruolo assolutamente centrale per una buona riuscita del prodotto (dato che gli attori sono spesso creta nelle mani del regista, vedi i molti esempi di spettacolari prove attoriali da parte di non professionisti guidati da sapienti burattinai, oltre a clamorosi flop di “mostri sacri” lasciati nelle mani di novellini). E questo a prescindere dalle qualità in sè dell’attore. Perchè Jackman è il classico belloccio senza talento, ma questo sventurato effetto negativo accade anche per i più grandi giovani del nostro tempo, vedi la patetica figuraccia rimediata dal grande Christian Bale in Harsh times (da lui prodotto).

E quindi questo X-Men Origins diventa una carrellata pubblicitaria dei bicipiti di Jackman, sempre perfetto e impeccabile in ogni situazione, sempre padrone di tutto ciò che succede, mai una sbavatura. Sempre le scelte giuste, mai un briciolo di vera tensione (dai, ma chi può ancora credere alla “finta morte” di un protagonista del genere a metà film? Su…). Se si riesce a chiudere un occhio di fronte a degli stunts realizzati da automi che non sbagliano mai un colpo (e quindi fintissimi e mai realmente in tensione) ci si può godere una discreta azione, che salva il film dall’onta della valutazione minima in questa sede.

Ma per il resto non esiste spazio per un minimo guizzo in nessuna altra parte del film. La sceneggiatura è imbrigliata nelle solite due o tre stereotipate battute da action per rendere il suo protagonista per forza uno strafigo. La regia invece gravita come un satellite attorno al suo protagonista. Gavin Hood, che ha dato in passato prove di saperci fare ma che da un po’ di tempo non ne azzecca una, è completamente prostrato al clichè. Una su tutti: il protagonista disperato per la morte dei cari che stringe il cadavere a sè, alza il volto e urla al cielo con la elecamera che si alza in volo. Davvero ancora si può pensare di girare qualcosa del genere nel 2009?

Senza contare un altro palese e incredibile difetto della sceneggiatura, ovvero il suo incipit. Il motore dell’inizio della storia è infatti una ex squadra di supereroi ormai sciolta e vittima di un killer che ne uccide a uno a uno i membri. Suona già sentito? E questo killer viene poi trovato in un bar a incidere sul legno uno smile. Eh si, una scopiazzatura bella e buona di Watchmen e a pochissimi mesi di distanza. Spudorata al punto da vergognarsene, dato che cerca di travestirsi da citazione. Ma il fatto è che non è una strizzata d’occhio: è la vera base della storia. Inqualificabile.

Tenendo conto del fatto che gli stessi titoli di testa, una delle parti registicamente meglio riuscite (per non dire l’unica in mezzo a tutto quel piattume visivo), sono girate con uno stile molto vicino a quello di Zack Snyder. Niente da fare insomma: cercate di godervi l’action, ignorando tutto quello che viene presentato come contorno: peggiora solo la situazione.

2 / 5

Saluti,

Michele

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