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I’m shipping up to Boston, woo-ohh-ohhh

E quindi eccoci qua. Questo è il post ufficiale dei saluti al mio pubblico. Avrei senza dubbio fatto prima a dirglielo a voce, immagino, tanto che vuoi che sia una chiacchierata faccia a faccia con una persona? :)

Il vostro buon Michele se ne parte per gli States. Fino a Dicembre quindi la redazione di Five Obstructions si dividerà tra la Milano (che non è la verità) del playlistoso Damiano e la Boston del variazionale Michele. Il che non significa che mancheranno gli aggiornamenti, ma che ci sarà un inevitabile periodo di stop a cavallo dei miei spostamenti (notate che sto dando per scontato che Damiano non si preoccupi minimamente di fare un post sul blog a casaccio, di quelli che riescono tanto bene a me per prendere tempo… Che la psicologia inversa questa volta funzioni? Lo scopriremo tra un po’).

Insomma, per farla breve: probabilmente fino a circa il 20 non vedrete nulla di nuovo su queste pagine. Ragion per cui ho deciso di regalarvi una piccola variazione in miniatura in questo post. Ovviamente la variazione è a tema con quello che sarà il nuovo ideale titolo di questo periodo di transizione di Five Obstructions: la Massachusetts Reloaded.

Ecco quindi a voi quattro film che dello sfondo di Boston hanno fatto il loro protagonista. Non semplice luogo in cui si svolgono le azioni, ma vero e proprio centro culturale pulsante che agisce sugli attori e ne trasforma la recitazione.

  • The Departed: uno Scorsese ormai alle prese con il tempo che passa dipinge la sua Boston magnificamente in questo stato dell’arte dell’intrattenimento Hollywoodiano. La sua new wave si dipana agli occhi dello spettatore come un manifesto di intenzioni, simile a quanto poi succederà anche in Shutter Island (e anche in questo caso non perdetevi la lingua originale, con un fortissimo accento bostoniano). In questo, che è uno dei migliori polizieschi statunitensi (ma ben lontano dall’originale Infernal Affairs di cui è remake), si trova a proprio agio un cast straordinario che recita in stato di grazia: da Di Caprio a Matt Damon, ma soprattutto Wahlberg e Sheen, forse giusto Nicholson gigioneggia un po’ troppo. Un film assolutamente da vedere, complice anche la bella colonna sonora e il travolgente pezzo in apertura dei Dropkick Murphys. 4 / 5
  • Will Hunting: parte del percorso più commerciale di Van Sant, che come pochi riesce ad alternare cinema d’elite a prove di più facile lettura, ma tutt’altro che banali. Qui il buon Gus è alle prese in un clichè simile a quello di Scoprendo Forrester, la ricerca di un senso e di un posto alle nostre capacità, normali o straordinarie che siano. Lo sfondo Bostoniano qua regge la scena non tanto nei suoi esterni, come in The departed, ma nei suoi interni, in particolare in corridoi e aule della Boston in cui si forma la “classe dirigente” statunitense: il MIT in particolare, ma non si disdegnano discorsi sulla Medaglia Fields che fanno tanto Harvard e Yale. 3 / 5
  • The Boondock Saints: questo film si è guadagnato un piccolo seguito come assoluto cult un po’ trash del classico film di azione americano degli anni ’90. E’ innegabile che presenti molti tratti originali e di sicuro impatto che ne giustificano la fama. Basti anche solo l’irlandesissima atmosfera che guida le azioni dei fratelli MacManus, protagonisti del film. Tuttavia gli elementi veramente cult e trash del film si esauriscono nel primo quarto d’ora di pellicola. La rissa irlandese e il cesso sradicato dal pavimento fanno pregustare un piatto assai gustoso. Il proseguimento della pellicola è invece fiacco, povero di idee e di meriti. Alla fine molti sbadigli, e la presunta provocazione che dovrebbe lanciare la trama e le azioni del terzetto di giustizieri scivola fin troppo presto nel luogo comune. Come Wall street, anche questo cult ha ricevuto in tempi recentissimi un seguito. 2 / 5
  • Mystic River: probabilmente il miglior film del quartetto e anche dell’intera filmografia di Clint Eastwood. Anche in questo caso siamo di fronte a un grandissimo cast (Sean Penn, Tim Robbins, Kevin Bacon) diretto alla perfezione. Eastwood mai come qua riesce a dipingere una vicenda complessa, con protagonisti che non esauriscono il loro spessore nell’utilità della vicenda (come succede invece per personaggi stereotipati in Million dollar baby e Invictus). L’oppressione derivata dalla violenza infantile subita da uno dei protagonisti della storia e l’inevitabilità della tragedia vengono sottolineate da passaggi di regia che avvolgono lo spettatore in un’ansia claustrofobica, che da vero maestro del cinema allude e suggerisce senza mai urlare. 5 /5

Questo è quanto. Per aumentare ancora un po’ l’atmosfera, vi lascio con una mini playlist celtica che sicuramente Damiano saprà meglio realizzare quando sarò via (io ancora ci spero: dai Damiano, io credo in te!).

Saluti ragazzi, ci si vede dall’altra parte.

Michele

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One Response to “I’m shipping up to Boston, woo-ohh-ohhh”

  1. On 08/04/2010 at 12:14 Maghetta responded with... #

    :( nostalgia…
    Però questo post mi motiva ancor di più a vedere i film ambientati a Boston :P non posso assicurare di riuscire a vederli tutti in lingua originale :D sennò non capisco una corna musa!!

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