L'Arte secondo FO5

L’opera d’arte nell’epoca della sua creazione tecnica

Walter Benjamin è uno dei miei filosofi preferiti (probabilmente dopo Wittgestein, Godel e Turing. Come? L’ultimo non viene considerato filosofo? Affari vostri). E’ celeberrimo per aver scritto un saggio fondamentale riguardo l’arte nella prima metà del XX secolo. Dal quale il titolo di questo post trae una fortissima ispirazione. Siete quindi avvisati fin da subito che sta per arrivare una di quelle bordate finto intellettualoidi, radical chic, ahhhh l’alternativo e via discorrendo. Vi lascio quindi il tempo di scappare.

Per essere molto sintetici nel suo saggio Benjamin sostiene che la tecnologia ha cambiato radicalmente l’arte. Che poter produrre, distribuire e fruire di un’opera con il cinema o un fonografo (era il 1936 o giù di lì) ne invalida completamente la sua aura mistica e di originalità che la caratterizza. Per fare un esempio terra terra: della Gioconda durante i suoi primissimi secoli di vita se ne parlava in ogni dove nei salotti intellettuali, ma coloro che l’avevano davvero vista in originale faccia a faccia si contavano sulla dita di una mano. L’opera d’arte era quindi come un dio greco: presente nel mondo, ma di cui si sentiva solo parlare. Un’esistenza mistica.

Ovviamente tutto questo cade come un castello di carta quando distribuire un libro, un filmato o un’immagine diventa facile e attuabile su larga scala. L’arte cessa di essere mistica e con figure come Eisenstein (non Einstein!) cessa la distinzione tra chi produce (non più su un piedistallo) e chi fruisce. Ovviamente il buon Benjamin parlava di queste cose negli anni ’30: se fosse vissuto nell’era del Web 2.0 e del P2P probabilmente sarebbe passato direttamente alla pazzia (o magari il suo ego si sarebbe gonfiato fino all’inverosimile per averci visto ben oltre che il semplice “giusto”).

A mio modesto modo di vedere oggi le idee di Benjamin vanno leggermente evolute. Ovviamente egli parlava di questo trent’anni prima della pop art, mentre io faccio il bullo in sincronia (se non dopo) quello di cui voglio parlare. Ma d’altronde lui è passato alla storia come filosofo, io al massimo riuscirei ad aspirare a passare alla storia per aver mangiato il panino più lungo del mondo. Siamo lì, insomma.

Sono cambiate fondamentalmente due cose. Da una parte quanto di enorme ha prodotto negli ultimi anni l’arte e la tecnica. Che ha fatto nascere il postmodernismo: il continuo riferimento a ciò che è stato fatto in passato che nella sua rielaborazione dice qualcosa di nuovo. Dall’altra si è creata un’estrema consapevolezza di quanto la tecnologia può fornire tutti gli strumenti a chiunque per un’espressione artistica. Se si combinano le due cose si ha un incrocio profano tra pop art e arte povera, un postmodernismo misto agli happening, però democratico (e demagogo a volte).

Sempre più spesso capita di vedere piccole opere d’arte create da persone che in realtà artisti non sono e mai lo saranno. Opere che hanno valore solo per sè e nel preciso momento della fruizione, che però diventano estremamente significative nel riuscire a parlarci del nostro vissuto e a stimolarci a vederlo con occhi nuovi. Questa caratteristica di “usa & getta” di quella che chiamerei arte blitzkrieg, non è necessariamente un male.

E’ una piccola scaglia che può attecchire nella testa di tutti coloro che fanno parte di un certo insieme di esperienze e valori (da qui sia il democratico che il postmodernismo: per Lichtenstein erano i fumetti, per noi sono lo SNES e gli MP3) in brevissimo tempo e, sebbene ripetibile, significativo solo la prima volta (da qui l’happening blitzkrieg, nonché la fastidiosa abitudine di gridare all’”old”) e spesso realizzato solo con un’idea pura, una piccola strumentazione informatica da non più di 1000-2000 Euro (ci sono installazioni di arte povera più costose).

Qui di seguito si riportano due o tre esempi, palesemente old, di piccoli pezzi d’arte blitzkrieg. Vanno presi come di solito va preso un filmato o un’immagine postata sul blog di Five Obstructions: con la perfetta consapevolezza che nell’era del “condividi su Facebook” (ma ancor prima di 4chan, Reddit e compagnia bella) è assolutamente inutile creare un post incentrato solo su questi contenuti. E’ tutto il contorno e la motivazione articolata che porta a postarli ciò che conta.

Stop motion: 8-bit Delirium

Poco da dire in questo caso. La stop motion è la regina dell’arte filmica povera. Un concentrato che comunica e fa percepire quante idee, sensazioni, ricordi e significati ci siano dietro il semplice concetto di “8 bit”. Di film in stop motion del genere ne è pieno il web.

La poesia di Spotify

Ecco un’idea da happening e comunitaria. Prendete Spotify e create una playlist in cui ogni titolo di una canzone è un verso che racconta un’immagine o una storia poetica (cliccate sull’immagine per il blog ufficiale).

Gli Explore di Flickr

Altro caso celeberrimo sul quale poche parole val la pena di spendere e molti minuti nel guardare. Cosa può fare l’arte fotografica quando a permettersi una reflex sono centinaia di milioni di persone e non poche decine di migliaia.

Il fumetto online

Di fumetti ho già parlato migliaia di volte. E migliaia sono i blog di fumettisti che spuntano come i funghi, alla faccia del mercato dell’editoria (per non parlare degli scrittori satirici veri per quanto latitanti, mica come il blog che state leggendo ora).

Insomma, spero di essere stato chiaro.

Saluti,

Michele

Tags: , , , ,

One Response to “L’opera d’arte nell’epoca della sua creazione tecnica”

  1. On 12/09/2010 at 00:03 Maghetta responded with... #

    Uno dei tuoi miglio post ♥

Add your response