Film

Happy-Go-Lucky

Film solo apparentemente leggero ad opera di Mike Leigh (Il segreto di Vera Drake), questo “La felicità porta fortuna” è una commedia indie inglese piuttosto fuori dagli schemi. Non esiste una vera storia e tutto accade attorno alla protagonista Poppy, svampita quanto basta per diventare un incontro che di sicuro non suscita indifferenza in chi le capita tra le grinfie.

Di certo Poppy riesce a rappresentare sia un pregio che un difetto del film. E’ un pregio perchè riesce a trasformare ogni situazione in una risata paradossale, che alleggerisce i toni drammatici con cui spesso si guarda alle cose della vita, e trasforma scene normalissime in bombe comiche senza bisogno di chissà quali salti mortali di sceneggiatura. Difetta perchè cade in una terribile sindrome da Forrest Gump. Se infatti non si entra in sintonia con lei, e quindi col film, ci si ritrova a provare per lei l’odio più puro, la speranza che non muoia ma rimanga a soffrire le pene dell’inferno da qui all’eternità.

Il suo essere l’unico perno su cui ruota il film lo rende una pellicola che si inserisce bene nella variazione delle guide. Lo scopo del film è fin dal titolo quello di dare un esempio di guida nei confronti della vita. E la riuscitissima prima parte è in realtà un’esposizione satirica (l’istruttore di guida e la maestra di flamenco) di come i vari guru dell’insegnamento non siano altro che umani fragili che cercano di basare le loro certezze su un metodo, non è importante quale sia, con il quale succhiare la sicurezza dai propri allievi. Non in grado di affrontare da soli difficoltà e debolezze cercano di mostrarsi forti, almeno finchè non arriva un elemento destabilizzante che esce completamente dalle finte basi generaliste in cui il mondo deve rientrare, qualsiasi sia la realtà.

Sceneggiatura e regia (particolarmente classica, con giusto un paio di carrelli e molte altre inquadrature piuttosto banali) sembrano perdere la bussola nella seconda parte, ammesso che ne abbiano mai avuta una. Finchè si tratta di distruggere, infatti, il gioco è facile: il difficile è costruire. E il film fallisce nel costruire qualcosa, specie nella breve sottotrama del bambino violento che sembra condita da una ricca farcitura di clichè.

E’ positiva invece la mancanza di una risposta, il silenzio imbarazzato con cui termina la sottotrama dell’istruttore di guida: un monologo sulla spontaneità, la leggerezza, il costruire insieme sarebbe stato veramente troppo, fuori dal personaggio e fonte dell’odio definitivo da parte di chi non ha gradito il film. La conclusione mi pare invece un ottimo modo per tradurre in immagini ciò che c’è da dire, un ultimo colpo di coda che è in grado di salvare da una valutazione negativa la piccola e ordinaria avventura di Poppy.

3 / 5

Saluti,

Michele

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