Variazioni

Terrorismo (Made in USA)

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1 - Munich
2 - La terra dell abbondanza
3 - World trade center
4 - Die hard 3

Terza e penultima parte della variazione delle variazioni sul terrorismo. Rimaniamo in terra anglofona, ma attraversiamo l’Oceano Atlantico. Questa è in realtà una variazione un po’ bizzarra. Perché le prime due (e la prossima) vertono su terroristi nati nel territorio che è origine e teatro degli atti stessi (Italia e Regno Unito). I film americani invece in genere non hanno come protagonisti dei terroristi americani, ma di nazionalità differenti che possono o meno attuare le loro operazioni sul suolo statunitense. Oltre all’ovvio pensiero ai molti film riguardanti Al-Qaeda dopo il 2001, se ne aggiungono altri che parlano chi del complesso rapporto tra il terrorismo palestinese e Israele, chi di terroristi di svariate nazionalità nel crogiolo americano. Insomma, per riassumerla in due parole, con questa variazione se ne vedranno proprio delle belle (stavo per dire “di tutti i colori”, ma l’umorismo a buon mercato della frase mi ha fatto vergognare di me stesso).



1 - Munich

Sebbene il film di Spielberg sia dedicato interamente al post-Settembre Nero, risulta essere un po’ fuorviante l’enorme carenza della parte introduttiva, ovvero della scintilla che ha innescato il tutto. In questo aspetto la pellicola prende la paga sotto tutti i punti di vista dal meraviglioso documentario One day in September di Kevin MacDonald. Questo perché per capire il post-Settembre Nero è necessario ricostruire il clima di quella Olimpiade e la pur onesta rappresentazione della breccia nella sicurezza non è certo sufficiente.
Il minutaggio a disposizione del film era sufficiente per uno scopo al quale, evidentemente, Spielberg non ha dato il giusto peso. Pur sbilanciata, però, la pellicola assurge a una delle sue migliori opere. Testimoniando che, alla fine dei conti, la sua fama di cineasta, pur sopravvalutato, del tutto immeritata non è.
In particolare Spielberg sa rappresentare con efficacia sia la normale e giusta determinazione di chi subisce attacchi di difendersi con tutti i mezzi possibili, sia le perversioni e i crimini in cui si cade se tale diritto fa perdere la bussola della ragione. In particolare, Daniel Craig sovrasta il pur bravissimo Eric Bana, con il quale riesce a mettere in scena alla perfezione questo indissolubile dualismo. Due ore abbondanti ben spese nella, probabilmente, migliore pellicola mai diretta da Spielberg.

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Voto (4/5):


2 - La terra dell abbondanza

Wenders decide di creare un finto thriller per mettere una nota di genere in una carriera autoriale che di genere non ha mai avuto granché. Difficile dunque inquadrare una sua pellicola in una cornice, in quanto fluida, fuori dagli schemi. Il suo mettere elementi qua e là ad uso e consumo di un cinema che non gli è proprio direi che è forse uno degli elementi peggiori della pellicola

Quello e, probabilmente, l’aria da moralismo un po’ troppo superficiale da poetica di MTV. Di fatto, la scelta di affidare parte della colonna sonora agli U2 non è decisamente un buon segno. Rischia di trasformare la pellicola nel buonismo bianco contro nero in cui troppo semplicemente si affermano valori che, per quanto veri, hanno bisogno di un processo necessariamente più profondo e complicato per essere circostanziati ed interiorizzati.
Di buono c’è da dire che Wenders ne è capace, pur stordito da un progetto che, probabilmente, non è andato nella direzione che avrebbe voluto. D’altronde il film viene dopo la splendida svolta documentaristica e la non troppo prolifica amicizia con Bono. Insomma, un film un po’ noioso, superficiale nei contenuti, ma perfetto per rappresentare le reazioni di parte di una società che si interroga, genuinamente sorpresa in quanto non parte del sistema di comando, che cosa abbia mai fatto di sbagliato.

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Voto (3/5):


3 - World trade center

Oliver Stone prosegue inesorabile nella sua idea di cinema. Quell’idea per cui ogni snodo cruciale della storia deve essere da lui rappresentata all’interno della sua concezione artistica. Se questa strategia in passato ci ha dato ottime prove, queste non sono state altro che intervalli a singhiozzo in un panorama piuttosto monocorde e niente affatto profondo come potrebbe sembrare.
Se la terra dell’abbondanza di Wenders riflette il bidimensionale addossarsi le colpe e scagionare i colpevoli di certo estremismo radical chic, Stone sta nel mondo a stelle e strisce diametralmente opposta. E cioè quella degli sciacalli per cui ogni tragedia è da inquadrare sotto il punto di vista dello spettacolo. Ed ecco che il crollo delle torri è un melodramma quasi Bollywoodiano, la Grande Tragedia dei Grandi Eroi coperti di polveri, superumani dai supersentimenti

Tra World Trade Center e un reality show sullo stile del Grande Fratello non c’è molta differenza. E’ la spettacolarizzazione inutile di ciò che spettacolare non è. Le uniche differenze depongono, incredibile dictu, a favore del Grande Fratello e non del film di Stone. Perché almeno il Grande Fratello ci fa rimanere attaccati al terra terra quotidiano. Stone, invece, ha la pretesa di trattare questo pezzo pornografico come se fosse. Lo può essere solo nella logica di Fox News.

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Voto (1/5):


4 - Die hard 3

Nei tempi di un terrorismo cupo attuale e pervasivo nelle vite di ognuno, si può anche chiudere con una chiosa allegra sui bei vecchi tempi. I cari vecchi terroristi naturalizzati americani che, almeno coerentemente con l’ambiente in cui vivono, non si muovono se non per una montagna d’oro. Die hard è film di terrore americanissimo, sia in quanto puramente a stelle e strisce sia in quanto profondamente critico sull’americanità.

Non a caso infatti la trilogia trova il suo punto debole nel secondo episodio che, al contrario del primo e del terzo, non ha visto alla regia un solidissimo McTiernan. Profeticamente infatti il buon John McLane critica aspramente l’icona classica dell’action ’80, quella indistruttibile il cui ingresso nell’ambiente rende una macchina intoccabile capace di distruggere tutto e tutti. In Die Hard è McLane stesso ad essere distrutto progressivamente sullo schermo, mentre lo scenario rimane immutabile. Segno prima dei tempi della “distruttibilità” che il terrorismo avrebbe inflitto a New York.

Ad aggiungere ulteriore sale alla cosa, sta la connotazione aurea del terrore americano: non tanto legato a bombe (finte) quanto alla (finta) scomparsa di ricchezza sul quale costruire una fortuna alle spalle di tutti. Ah, se avessimo avuto McLane a Wall Street negli ultimi anni…

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Voto (5/5):




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